Ravel – Concerto per pianoforte per la mano sinistra

Maurice Ravel – Concerto per pianoforte per la mano sinistra in re maggiore

Ravel compone il Concerto per pianoforte per la mano sinistra in re maggiore tra il 1929 e il 1930; è una commissione del pianista austriaco Paul Wittgenstein, privo del braccio destro, amputato durante la prima guerra mondiale, che, prima di rivolgersi al compositore francese, aveva richiesto brani specifici a Richard Strauss, Prokofiev, Hindemith e Britten al fine di non interrompere la sua carriera altrimenti compromessa. In una prima esecuzione per due pianoforti, novembre 1931, Wittgenstein apporta sostanziali modifiche alla partitura per adattarla meglio alle proprie esigenze; suscita  così il risentimento di Ravel che cesserà di collaborare col pianista austriaco; la prima esecuzione con l’orchestra ha luogo a Vienna il 5 gennaio 1932 sotto la direzione di Robert Heger, ma Ravel non è presente.
Paul Wittgenstein, pur avendo ottenuto l’esclusiva su questo concerto, non ha facoltà di eseguirlo in Francia. A Parigi, alla Salle Pleyel, viene presentato nella sua versione originale il 19 marzo 1937; al pianoforte siede Jacques Février, l’orchestra è diretta da Charles Munch; Maurice Ravel muore a dicembre di quello stesso anno.

Per il solista questo concerto rappresenta una vera e propria sfida; la mano sinistra è tanto impegnata sulla tastiera che sembra stia utilizzando anche la destra. L’orchestrazione, poi, è dinamica, ricca di colori e sfumature. Sono presenti digressioni pianistiche di evidente derivazione jazzistica che, assieme alle percussioni, conferiscono un tono particolare alla composizione. Il Concerto è articolato in un unico movimento nel quale si possono distinguere tre sezioni: Andante, Allegro, Finale.
Il Concerto inizia sugli arpeggi dei contrabbassi che creano un’atmosfera cupa e misteriosa. Il controfagotto propone un tema drammatico di sarabanda sul quale intervengono i corni con un motivo triste e doloroso; i due temi vengono sviluppati con energia fino all’ingresso autoritario del pianoforte. I suoi passaggi, le incursioni sulle note più basse, creano un incredibile volume sonoro. L’intera orchestra riprende il tema di sarabanda, poi un passaggio improvviso e leggero del pianoforte conduce verso un robusto ritmo di marcia scandito dagli archi, dagli ottoni e dalle percussioni. La marcia diventa una sanguigna danza rustica dove il pianoforte è il protagonista. Ironicamente appare un breve episodio dal colore orientale. Un glissando del pianoforte riconduce al tema di sarabanda, portato al suo acme da tutta l’orchestra; ritorna anche il tempo di marcia. A contrasto si erge l’intervento quasi sereno del pianoforte, poi improvvisa e violenta l’eclatante chiusura.

Nikolai Lugansky, pianoforte
Orchestra Nazionale della Russia, dir. Alexander Vedernikov

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